sabato 30 maggio 2015

Come possono gli insegnanti stare al passo col progresso?

Gli studenti che adesso popolano i banchi di scuola sono i cosiddetti “nativi digitali” ragion per cui diversi insegnanti si servono della tecnologia per diversificare i metodi e le strategie di apprendimento, proprio come hanno fatto i docenti dei due gruppi presenti su Facebook, Docenti Virtuali e Insegnanti 2.0, organizzando il primo incontro nazionale delle due comunità, volto a trovare il miglior modo di sfruttare il digitale nella didattica.
Ma come ci ricorda Anna Pietra Ferraro - insegnante che si occupa da diversi anni della didattica multimediale nella sua scuola -  in un suo articolo, viene spontaneo chiedersi: “ Come insegnare ai nativi digitali? Come insegnare usando computer, palmari, schermi touch? Quali sono le tecniche per utilizzare il web tra i banchi? Come usare le app ed il blog di classe? ”

Per poter insegnare agli studenti di oggi tramite strumenti come tablet, computer, lavagne interattive e quant altro dovrebbero essere i docenti in primis a saperli utilizzare, ecco spiegato il perché in precedenza non si sono riscontrati miglioramenti nei distretti che hanno incrementato le tecnologie ( “Seeing No Progress, Some Schools Drop Laptops” The New York Times, May 4, 2007” ) : il ruolo dell’insegnante, non tecnologico ma intellettuale, è di fornire agli studenti contesto, garanzia di qualità, aiuti individualizzati e soprattutto una guida nell’uso di certi strumenti.
Gli studenti insegnano a sé stessi con l’apporto e il contributi dei docenti!



(Immagini rilasciate con licenza CC - BY da Giusy Gatti Perlangeli)

Eppure come per ogni cambiamento anche l’evoluzione digitale ha portato con se numerose polemiche, molte delle quali espresse proprio dai docenti che, se in alcuni casi si sono affidati ad altri insegnanti esperti in materia o hanno partecipato a corsi di aggiornamento messi a disposizione dalle stesse scuole per riuscire a mantenere il ritmo dei giovani, in molti altri si oppongono in modo deciso a questa evoluzione, chi perché non lo ritiene un metodo di insegnamento valido, chi perché si sente sostituito e chi alle volte senza nemmeno provarci ritiene che, per citare un professore che ho incontrato nella mia carriera scolastica, “come si faceva prima era meglio”.
Per poter progredire anziché regredire basterebbe capre che il progetto che vuole cambiare il modo di fare scuola non mira a minare i professori, bensì a renderli intermediari della conoscenza: in questo tipo di scuola l’insegnante non si limita a trasmettere delle conoscenze, deve infatti anche guidare i ragazzi ad impadronirsi degli strumenti mentali necessari; l’insegnante fa da filtro fra i ragazzi e la rete aiutandoli a cercare e a selezionare, per difendersi all’informazione eccessiva e da quella cattiva mai stata così abbondante - e a portata di mano aggiungerei - come oggi.

Annapaola Zingarelli

mercoledì 27 maggio 2015

La scuola è fatta per apprendere, non per insegnare!

Serve un'organizzazione didattica che aiuti a superare la suddivisione della conoscenza; è proprio per questo che la trasformazione degli ambienti scolastici tramite la tecnologia può aiutare ad abbattere le barriere delle diverse discipline, o almeno per me è stato così: come accennato nel mio primo blog-post ho frequentato uno dei licei italiani 2.0, più precisamente il liceo scientifico tecnologico Ettore Majorana di Brindisi e sicuramente questo ha influenzato la scelta del tema del blog.

Per capire meglio quel’è stata l’evoluzione delle metodologie di studio ho fatto numerose ricerche in rete e mi sono imbattuta nel professore Paolo Ferri della Bicocca di Milano, un professore associato di tecnologie della formazione, impegnato anche nella pubblicazione di un libro riguardo questo tema, “La scuola 2.0 - verso una didattica aumentata dalle tecnologie”. Il professor Ferri sostiene nel suo blog e in un’intervista rilasciata al programma SuperQuark che «per colmare il gap che c’è tra i nuovi stili di apprendimento dei giovani e le strategie di insegnamento, ancora molto tradizionale e improntati al puro trasferimento di conoscenze, occorre una trasformazione radicale che implica la riprogettazione dell’intero sistema scuola» e che questa modernizzazione a livello scolastico renderà gli studenti più preparati a livello lavorativo.

Ma quando il digitale anziché un’opportunità diventa un rischio?
Come per tutte le cose eccedere con la tecnologia può essere deleterio per i ragazzi; come racconta Roberto Casati - filosofo italiano direttore del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) - in un articolo «le tecnologie di oggi sono molto distraenti e abbassano la soglia dell’attenzione», continua spiegando di non essere totalmente contro le tecnologie utilizzate nelle scuole, ma contro una politica di sostituzione degli insegnanti che sembra stia prevalendo. Al punto che i genitori della classe 1B di una scuola primaria a Roma si sono opposti al progetto Cl@ssi 2.0 indetto dal Miur: come si legge proprio nel sito del Ministero questo programma «si propone di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana».
Ma ci sono anche scuole che si stanno impegnando ad integrare tecnologie come tablet, lavagne interattive e registri elettronici senza sminuire la figura dell’insegnante, che si rende intermediario per la conoscenza, come ci spiega in un’intervista il preside Salvatore Giuliano del Liceo scientifico tecnologico Ettore Majorana di Brindisi.

Annapaola Zingarelli




domenica 17 maggio 2015

Aiutiamo gli insegnanti a migliorare : le idee di Bill Gates

<<Ognuno ha bisogno di un motivatore. Non importa se sei un giocatore di pallacanestro, o di tennis, o un ginnasta, o un giocatore di bridge. [...] Abbiamo tutti bisogno di persone che ci diano un feedback. È così che miglioriamo. Sfortunatamente c'è un gruppo di persone che non riceve quasi mai alcun feedback regolare che li possa aiutare a migliorare il loro lavoro : [...] Sto parlando degli insegnanti.>>. Esordisce così Bill Gates, informatico statunitense di fama mondiale, nel suo discorso alla conferenza TED. La missione della TED è riassunta nella formula "ideas worth spreading", ossia "idee che val la pena siano diffuse" , e quella di Gates è quanto mai attuale.

Immagine rilasciata in CC
Alla base del suo pensiero vi è la convinzione che tutti abbiamo bisogno di persone che ci diano un "feedback", al fine di migliorare in quello che facciamo quotidianamente. Specie se gli interessati sono gli insegnanti, che svolgono uno dei lavori più importanti al mondo. In Italia, così come in America (punto di vista privilegiato di Gates), questo concetto è stato preso in considerazione molto meno del dovuto, con il risultato che migliorare la pratica educativa degli insegnanti diventa difficile e questo, per ovvie ragioni, influisce negativamente anche sugli studenti.

Non a caso, secondo un'attenta analisi condotta da Bill Gates, i paesi i cui studenti hanno ottimi risultati accademici sono in gran parte quelli che hanno sviluppato un sistema formale che aiuti gli insegnanti a migliorarsi. Il caso più eclatante è quello di Shangai, in Cina, i cui studenti si piazzano nelle primissime posizioni nelle classifiche riguardo le conoscenze in matematica e scienze e le competenze nella lettura. Questo successo è dovuto al fatto che nelle scuole si fa sì che gli insegnanti più giovani possano osservare quelli più esperti mentre insegnano; inoltre vengono organizzati incontri settimanali, in cui gli insegnanti si trovano insieme e discutono di quello che funziona e di quello che invece va migliorato. È addirittura richiesto che ogni insegnante osservi i colleghi e dia loro un feedback.

In concreto il modello proposto da Gates prevede, innanzitutto, l'utilizzo di una videocamera digitale, da posizionare in classe, che riprenda le lezioni, in modo che gli insegnanti possano poi rivederle nei loro personal computer ed esaminarle attentamente, potendo così trarne dei suggerimenti per migliorare le strategie di insegnamento, i metodi e la gestione della classe. I video delle lezioni dovranno poi essere visionati anche da osservatori che valutano le performance degli insegnanti basandosi su alcune domande come  : "Hanno fatto ai loro studenti domande difficili?" , "Sono riusciti a trovare modi diversi per spiegare uno stesso concetto?".  A questo punto è necessario mettere a disposizione degli insegnanti gli strumenti di cui necessitano, per agire sulla base dell'analisi condotta. << Se capissimo che abbiamo bisogno di migliorare il modo in cui insegniamo le frazioni, dovremmo essere in grado di guardare un video del migliore insegnante di frazioni al mondo.>>  afferma Bill Gates.



Questi sono sostanzialmente i punti su cui si basa la sua idea. Costruire un sistema simile richiederebbe indubbiamente un investimento considerevole, ma l'impatto che avrebbe per gli insegnanti sarebbe notevole,  in quanto si avrebbe finalmente un mezzo concreto per offrire loro un feedback e per agire di conseguenza. Questo sistema, come messo in luce precedentemente, porterebbe a un generale miglioramento del sistema scolastico, permettendo di assicurare a tutti gli studenti un'eccellente educazione e, in ultima analisi, ci renderebbe un paese di maggiore successo.

Benedetto Manasseri

venerdì 8 maggio 2015

Alla scoperta di internet

Anno 2005. Prima media. Un pomeriggio qualsiasi durante l’anno scolastico.

La mia richiesta digitata nella casellina della sezione di ricerca è in attesa di una risposta. Il computer sta passando in rassegna le numerosissime voci presenti nell’enciclopedia e dopo qualche attimo di pazienza il desktop mi comunica il suo responso: “Nessun risultato trovato.”.

La grande enciclopedia multimediale di una rivista scientifica, fonte fino ad allora delle mie ricerche scolastiche, sulla quale riponevo la mia totale fiducia, metteva in luce le sue lacune. I due CD su cui era contenuta si rivelavano incompleti.

La presentazione che dovevo esporre l’indomani a scuola si presentava ad un punto fermo. La piccola enciclopedia cartacea era già stata consultata e quella più completa su CD sfoggiava davanti a me, come unico aiuto, la sua limitatezza. Come proseguire? Il mio bisogno urgente di informazioni puntò un dito verso l’icona di Internet Explorer.

Da qualche tempo avevamo fatto mettere l’ADSL, gestita in pacchetti di ore, che faceva sì che si potesse accedere a internet senza dover rimanere senza linea telefonica e che aveva altri risvolti pratici tra i quali offrire una connessione più veloce e a minor prezzo. Nelle precedenti condizioni infatti, Internet veniva usato solo in rarissimi casi e per tempi molto brevi: per me rimaneva insomma una misteriosa presenza, verso cui guardavo con sospettosa diffidenza.

(Immagine con licenza CC)
La mia ricerca poté continuare: sapevo che, a quanto si diceva, tutto quanto non era contenuto nei libri e nell’enciclopedia fosse invece facilmente reperibile sul web. Una volta stabilite le poche parole chiave significative per indirizzare la ricerca, le stesse dopotutto che usavo per la ricerca sull’enciclopedia, gli infiniti risultati erano presto visualizzati sullo schermo e mi offrivano soltanto l’imbarazzo della scelta. Internet era infallibile dove ogni altro strumento di ricerca poteva aver carenze, questo mi era chiaro.


La vera svolta ebbe luogo quando facemmo installare il modem in casa con la linea flat. Fu un grande evento: finalmente potevamo accedere a internet senza limiti di tempo. Ciò significava che non era più solamente l’ancora di salvezza a cui aggrapparsi per le ricerche scolastiche dell’ultimo minuto ma diventava il luogo in cui cercare notizie su qualsiasi genere di curiosità. Ci accorgemmo che potevamo andare a trovare informazioni sui personaggi delle serie preferite, che potevamo trovare l’indirizzo e l’orario del negozio più vicino ed avere informazioni di tutti i paesi in tutte le lingue possibili e immaginabili.

Ed ecco che l’espressione “surf on the net” che incontravamo nell’ora di inglese quando studiavamo gli hobby e che traducevamo con “navigare in internet” si arricchiva di un significato, a me precedentemente ignoto. Da semplice “cercare su internet” diventava vero sinonimo di esplorare. Esplorare in un oceano di informazioni, in balia di suggerimenti, link e continui riferimenti a pagine che ci fanno abboccare e attirano la nostra attenzione verso inesauribili nuovi spazi di conoscenza umana.

Elena Rener

Breve storia di un immigrato digitale

Se l’espressione natividigitali identifica quella generazione di persone che è nata e cresciuta con Internet e che ha acquisito un rapporto di naturale confidenza con la rete fin dall’infanzia, probabilmente definirmi nativo digitale sarebbe inappropriato.

Ho scoperto Internet in prima media, ma ho imparato a sfruttarne le quasi infinite potenzialità da appena cinque o sei anni.

Modem Westell 6100
(Wiki Commons - Dougles Whitaker)
Inizialmente connettersi era un rituale scomodo e piuttosto lungo: il modem (quella scatoletta di plastica nera che rendeva possibile, come per magia, l’accesso ad Internet) riceveva il segnale di rete dalla linea telefonica e la velocità di navigazione non superava qualche manciata di kilobit al secondo. 128, per la precisione: in queste condizioni, che al giorno d’oggi potrebbero apparire antidiluviane, caricare una pagina di immagini richiedeva diversi minuti di attesa e una buona dose di pazienza.

Per fortuna Internet non era ancora percepito come elemento essenziale della vita domestica – inutile parlare di quella scolastica! – e la lentezza della connessione non mi infastidiva più di tanto. Consideravo la rete come uno strumento per adulti, quasi fosse un’estensione della giornata lavorativa o dell’ufficio dei miei genitori. Io mi connettevo raramente e nella maggior parte dei casi non “navigavo” su Internet: lo interrogavo ad hoc.

Logo Wikipedia (Wiki Commons)
La rete ai miei occhi era di fatto sinonimo di Wikipedia, che sembrava possedere una valida risposta a qualsiasi domanda e in relazione a qualsiasi ambito del sapere: era sufficiente digitare l’oggetto di interesse nell’apposita casella di testo del motore di ricerca ed ecco apparire tra i primi risultati la pagina dell’enciclopedia ad esso dedicata.

Ma con l’arrivo dell’ADSL e l’impennata della velocità di connessione, le mie caute incursioni nella rete si sono trasformate in passeggiate di lunghezza imprevedibile e spesso prive di una destinazione prestabilita. Sono dunque venuto a conoscenza di un'immensa quantità di contenuti e servizi on-line che prima avevo trascurato o di cui semplicemente ignoravo l’esistenza: dalla posta elettronica alle ricette di cucina, dalle previsioni meteo alla musica, dai film in streaming all’e-commerce. E naturalmente – dulcis in fundo – tutti quei blog che illustrano ai profani come orientarsi in questo mare di possibilità.


A quasi dieci anni di distanza dalla prima esperienza on-line, Internet non ha ancora smesso di stimolare la mia curiosità. È sorprendente vedere in che modo il mio rapporto con questa tecnologia sia continuamente in fase di evoluzione: c’è sempre qualcosa da imparare, sempre qualcosa da scoprire. Fino a ieri ero un consumatore di contenuti digitali. Oggi ho scoperto quanto è facile diventare produttore.

Riccardo Silva

giovedì 7 maggio 2015

Un mondo tutto da scoprire!

Ho sempre fatto tutto con i miei tempi e questo mi ha inevitabilmente portata ad essere in ritardo sulle tabelle di marcia dei miei coetanei. Anche con il mondo del digitale è stato lo stesso: nonostante alcune volte (molto poche) i miei genitori mi facessero usare il pc, era solo per giocare con i cd di PC Genius, che contenevano esercizi a scopo didattico, perlopiù per allenare la memoria, le capacità di calcolo e l’elaborazione linguistica; ma la mia prima esperienza con Internet l’ho avuta solo pochi anni fa, al primo anno di liceo, quando ho iniziato a rapportarmi con i social network più popolari.















(Immagini con licenza CC)

Tuttavia  ancora non mi rendevo conto dell’enorme potere della rete e di chi la utilizza, d’altronde come avrei potuto con un computer che pesava quasi la metà di me e che ci impiegava alcuni minuti per accendersi, quando ora ci vogliono solo pochi secondi.
E sicuramente ancora non ho la piena consapevolezza di ciò che significa usare la rete e delle sue risorse, ma credo che in parte mi abbia aiutata a maturarne una la mia scuola, visto che, avendo frequentato uno dei licei 2.0 italiani, ho avuto l’opportunità di stare a stretto contatto con il digitale, utilizzando ogni giorno lavagne interattive, e-book (libri on line) e seguendo lezioni on-line.

Inizialmente le mie ricerche si limitavano a quello che assegnavano i professori e che potesse servire nei compiti, ma continuando ad usare Internet mi affascinava sempre più: le discussioni riguardanti temi più o meno fondamentali per la società, le notizie postate simultaneamente ai giornali, la possibilità di guardare e riguardare ogni tipo di video mi sembrava quasi surreale; ovviamente continuando a navigare ho piano piano capito che una  delle cose più importanti era capire l’attendibilità di tutto ciò che leggevo e guardavo.

Il grande impatto che Internet ha avuto su tutti, più o meno giovani, ancora non si sa dove porterà; nonostante siano passati diversi anni da quando navigare in rete è considerato la normalità, per sapere cosa ci riserva questa evoluzione/rivoluzione si può solo aspettare e cercare di farne parte il più possibile, non solo informandoci a riguardo ma dando un apporto concreto tramite pareri e discussioni.

Annapaola Zingarelli