mercoledì 27 maggio 2015

La scuola è fatta per apprendere, non per insegnare!

Serve un'organizzazione didattica che aiuti a superare la suddivisione della conoscenza; è proprio per questo che la trasformazione degli ambienti scolastici tramite la tecnologia può aiutare ad abbattere le barriere delle diverse discipline, o almeno per me è stato così: come accennato nel mio primo blog-post ho frequentato uno dei licei italiani 2.0, più precisamente il liceo scientifico tecnologico Ettore Majorana di Brindisi e sicuramente questo ha influenzato la scelta del tema del blog.

Per capire meglio quel’è stata l’evoluzione delle metodologie di studio ho fatto numerose ricerche in rete e mi sono imbattuta nel professore Paolo Ferri della Bicocca di Milano, un professore associato di tecnologie della formazione, impegnato anche nella pubblicazione di un libro riguardo questo tema, “La scuola 2.0 - verso una didattica aumentata dalle tecnologie”. Il professor Ferri sostiene nel suo blog e in un’intervista rilasciata al programma SuperQuark che «per colmare il gap che c’è tra i nuovi stili di apprendimento dei giovani e le strategie di insegnamento, ancora molto tradizionale e improntati al puro trasferimento di conoscenze, occorre una trasformazione radicale che implica la riprogettazione dell’intero sistema scuola» e che questa modernizzazione a livello scolastico renderà gli studenti più preparati a livello lavorativo.

Ma quando il digitale anziché un’opportunità diventa un rischio?
Come per tutte le cose eccedere con la tecnologia può essere deleterio per i ragazzi; come racconta Roberto Casati - filosofo italiano direttore del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) - in un articolo «le tecnologie di oggi sono molto distraenti e abbassano la soglia dell’attenzione», continua spiegando di non essere totalmente contro le tecnologie utilizzate nelle scuole, ma contro una politica di sostituzione degli insegnanti che sembra stia prevalendo. Al punto che i genitori della classe 1B di una scuola primaria a Roma si sono opposti al progetto Cl@ssi 2.0 indetto dal Miur: come si legge proprio nel sito del Ministero questo programma «si propone di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana».
Ma ci sono anche scuole che si stanno impegnando ad integrare tecnologie come tablet, lavagne interattive e registri elettronici senza sminuire la figura dell’insegnante, che si rende intermediario per la conoscenza, come ci spiega in un’intervista il preside Salvatore Giuliano del Liceo scientifico tecnologico Ettore Majorana di Brindisi.

Annapaola Zingarelli




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